La cittadinanza italiana per matrimonio o per unione civile è uno dei percorsi più scelti da chi ha un legame affettivo con un cittadino italiano. Rappresenta un modo concreto di entrare a far parte della comunità nazionale non solo per vincolo giuridico, ma anche per identità e partecipazione. Non a caso, la legge italiana riconosce questa possibilità come un’estensione naturale del principio di famiglia, purché sussistano determinati requisiti di stabilità e convivenza.
La normativa di riferimento è la Legge n. 76 del 2016, nota come Legge Cirinnà, che ha segnato una svolta storica nel diritto italiano. Con essa, l’Italia ha finalmente riconosciuto le unioni civili tra persone dello stesso sesso, equiparandole al matrimonio in gran parte dei diritti e dei doveri, inclusa la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana. In tal modo, tanto le coppie eterosessuali sposate quanto quelle omosessuali unite civilmente godono oggi di pari opportunità nell’accedere al riconoscimento della cittadinanza.
Il percorso, tuttavia, non è automatico né privo di complessità. Per ottenere la cittadinanza, la coppia deve dimostrare l’esistenza di un legame stabile e duraturo: la legge richiede infatti che siano trascorsi almeno due anni di convivenza se i coniugi o partner vivono in Italia, o tre anni se risiedono all’estero. Questo periodo si riduce della metà in presenza di figli comuni, biologici o adottivi, in un chiaro intento di favorire la stabilità familiare. È fondamentale che il matrimonio o l’unione civile restino validi e in vigore fino alla conclusione del procedimento: una separazione o uno scioglimento del vincolo durante la fase istruttoria comporterebbero infatti la decadenza immediata della domanda.
Oltre alla stabilità del rapporto, l’autorità italiana esamina con grande attenzione la posizione personale del richiedente. È necessario, ad esempio, che non sussistano condanne penali gravi, che la documentazione sia completa e conforme alle regole di legalizzazione e traduzione, e che sia comprovata una conoscenza della lingua italiana di livello B1, come previsto dal Quadro Comune Europeo di Riferimento. Questo requisito linguistico, spesso sottovalutato, è una condizione essenziale per dimostrare l’integrazione effettiva nella società italiana e il rispetto dei suoi valori culturali.
Il procedimento amministrativo si avvia oggi interamente in modalità digitale attraverso il portale del Ministero dell’Interno. Una volta inoltrata la domanda, la Prefettura territorialmente competente verifica la regolarità dei documenti e la sussistenza dei requisiti. In teoria, la legge prevede un termine massimo di trentasei mesi per la conclusione del processo, ma nella pratica i tempi possono variare sensibilmente, anche a causa di controlli aggiuntivi o di eventuali irregolarità nella documentazione presentata. È perciò fortemente consigliabile affidarsi a professionisti esperti o a studi legali specializzati, capaci di anticipare possibili ostacoli e ridurre i rischi di ritardi o dinieghi.
Un aspetto particolarmente delicato riguarda il riconoscimento delle unioni civili celebrate all’estero. Prima di poter presentare la domanda di cittadinanza, è indispensabile che il matrimonio o l’unione siano stati correttamente trascritti nei registri civili italiani. La mancata trascrizione o eventuali errori formali possono infatti rallentare in modo significativo il processo o portare a un rigetto della richiesta. Analogamente, la gestione dei documenti stranieri richiede un’attenzione meticolosa: le apostille, le legalizzazioni e le traduzioni ufficiali devono essere perfettamente in regola per essere accettate dalle autorità italiane.
Tutti questi elementi contribuiscono a delineare un quadro chiaro: ottenere la cittadinanza italiana per matrimonio o unione civile è certamente possibile, ma implica un percorso di precisione e costanza. Per questo motivo non conviene aspettare ad avviare la procedura. Rimandare può significare esporsi al rischio di futuri cambiamenti normativi che rendano il percorso più restrittivo o di dover ricominciare da capo a causa di documenti scaduti o nuove richieste amministrative. In particolare, è in fase di discussione da parte del Governo italiano una potenziale riforma della legge di cittadinanza italiana che potrebbe modificare radicalmente il panorama, prevedendo che le istanze possano essere proposte solamente da coloro che siano residenti in Italia e non da chi ha la propria residenza all’estero .
In conclusione, la Legge Cirinnà e la successiva evoluzione della normativa italiana hanno sancito un principio fondamentale: tutti i cittadini, indipendentemente dal tipo di legame affettivo formalizzato, devono poter condividere gli stessi diritti e opportunità. Tuttavia, l’iter burocratico richiede competenza, pazienza e attenzione ai dettagli. In un contesto giuridico in continua evoluzione, il consiglio più saggio è agire ora, approfittando delle condizioni attuali e assicurandosi un futuro sereno come cittadini italiani a pieno titolo, con in mano il proprio passaporto italiano.
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